sabato 5 novembre 2011

Genova: il fango e l'impotenza


Ieri ho provato l'amara  e personale sensazione d’ impotenza di fronte agli eventi che superano la nostra capacità di controllarli, dominarli, averne ragione sempre e comunque. 
Noi, orgogliosi vincitori a cavallo di una puledra bianca e bellissima, veloce e forte, la tecnologia, tuttologa ed onnicomprensiva.
Alle volte si specula mentalmente su ciò che si potrebbe fare o pensare e dunque sulla possibile azione conseguente, sul perché si possa maturare una decisione od ometterla e poi ci si "perde" a scavare a mani nude, ma veramente, nel fango, piangendo lacrime di sangue senza capire il senso di certi risultati, di sconfitte amare, di sguardi che si perdono nel panico e nella paura di una morte che sa ghermire con inaudita capacità.

Chi siamo e dove andiamo, con i nostri telefonini iper tecnologici? Noi, con internet  impresso nella testa come un marchio da wifi, noi, con il tom tom in macchina, noi, quelli che parcheggiano in automatico grazie alle funzioni delle super intelligenti  vetture da migliaia di euro?
E se manca la linea telefonica, se ti manca la luce, la semplice luce, e non puoi connetterti, tuffare lo sguardo nel  televisore  con il maxi schermo interattivo che fa tanto figo?
Ed i surgelati?
Che fine fanno le merendine fragranti, i pasti super energetici precotti a meno di 20 gradi?

Sei senza risorse, impotente, sei  davanti alla miseria di non essere in grado di fare nulla, sei fuori luogo, scardinato da schemi “perfettamente” esatti ed a prova di evento.
Già. Ma quale evento? Quello prevedibile? Ma cosa può essere prevedibile e soprattutto come?
E  se contestualmente ti manca il gas o l'acqua corrente, e un'onda anomala ti porta via la casa, la strada, la vettura, i tuoi sogni stratificati e realizzati su misura come un abito di sartoria?
Che fai?
Cosa pensi?
Come agisci, se ancora hai la forza di alzarti da quella poltrona elettrica che  non può più reclinare  il poggiatesta e sollevare le tue stanche estremità per rilassarti dopo una stressante giornata di lavoro? 
Come puoi uscire da quest'angolo angusto che ha ridimensionato, al buio, la tua sicurezza esistenziale, spingendoti a dover usare, in mezzo al fango e alla paura, solo le tue mani nude?
Devi vivere quell'esperienza fuori dagli schemi dei sistemi di qualità, affidandoti alla tua sola forza fisica, nervosa e psicologica. Devi confidare nell’intelligenza, nella prontezza dei riflessi,  insomma devi abbandonarti a quella parte animale di noi  che, all'interno del nostro paludato pensiero tecnologico,  abbiamo relegato come uno scomodo parente lontano, il parente ancora legato alla clava e che andrebbe rimosso.
C'è chi annusa l'aria e percepisce come il cerbiatto allarmato.
C’è chi  va inconsapevolmente a spiaggiare.
C’è chi viene inghiottito dall'incapacità di adeguarsi in frazioni di secondi e poi c'è chi non ce la fa… e tutto ciò sta maledettamente  all'interno del gioco della vita.
Eppure, ai nostri occhi, appare amaramente ingiusto, come una frustrata inaudita...
E' in pericolo il nostro vivere che maschera l'orgoglio pianificatore.
Può un'onda anomala avere ragione della nostra egocentratura, del nostro saperci muovere?
Può.
E' più potente di noi che ci crediamo creatori, “infiniti” e giusti anche per gli altri.

Quanto farebbe bene alla sgangherata percezione che abbiamo di noi stessi, una  vera dose di umiltà!
Genova, 5 Novembre 2011

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