domenica 27 novembre 2011

Collega Gay insultato a Genova


Antefatto:


La notizia ieri era visibile in “prima” in basso a destra sulla pagina genovese di La Repubblica e anche nel sito on line del quotidiano.
Ma la conoscevo già questa brutta storia perché sono profilo amico su facebook di Paolo Colombo, il collega che lavora alla 7 nel settore sportivo, quello che ha sempre amato, fra ciclismo e calcio, soprattutto.
Nella sua e nostra Genova, severa e matrigna città sia di chi ci nasca e resti obtorto collo,sia di chi se ne vada e ottenga successo altrove, ha subito da parte di alcuni tifosi genoani una sequela di insulti all'insegna di una pesantezza omofoba.

Lui è gay dichiarato e vive la sua omosessualità liberamente, come è giusto che sia ma non gliel'hanno passata. 

Era nella “superba” per la cronaca della partita fra Genoa e Bari, sul posto di lavoro, a bordo campo e zac! Infilzato allo spiedo.
Alcuni hanno scaricato la colpa del gesto genoano perchè lui è sampdoriano ma la cosa non regge, affatto, anzi è anche peggio. Cosa c'entri una fede calcistica con l'insulto di genere non si capisce per nulla.

Ha deciso di denunciare penalmente “ignoti” per l'accaduto che vede una parte di Zena protagonista, ancora una volta in negativo. Lo so che non si deve generalizzare, certamente ma l'episodio è veramente indegno.
Paolo vive a Milano ma a volte torna nella sua città in quel di Rivarolo del Cicci, di sua madre, una donna dolcissima.. e lui è il Paolo con i pregi e difetti di ognuno di noi me è intellettualmente onesto e non ci marcia, sia ben chiaro,su certe cose.
Sono rimasta scossa per quanto gli è accaduto e non sono riuscita a elaborare subito.

Oggi ritengo giusto dire la mia visto che oltre ad essere una figurina di quelle presenti fra i suoi amici su face, lo conosco da molti anni.

Me lo ricordo, quando mi trascinò al primo Festival di Sanremo...eravamo entrambi reclute di Telecittà, nel 1990, se non sbaglio...Non dimenticherò l'attesa inenarrabile per vedere Raf in albergo e per inseguire le celebrità del momento. Lui sapeva tutto e si sguinzagliava ed io a ruota. Fu un'avventura anche perché, in allora, le televisioni private non avevano la possibilità di entrare al Roof, la mitica sala stampa e non c'era che una piccola pseudo postazione per radio e tv private. Sì, eravamo veramente figli degli dei minori, eccome.

Solo poco tempo più tardi lui era già una stella dell'Expo' colombiano del 1992 e naturalmente con i fasti della Samp ma anche del Genoa volò in giro per l'Europa al seguito delle squadre, in quelle mitiche stagioni da serie A.

Anche lui come me visse un periodo non facile nell'emittente a cavallo fra il '94 e '95 e fece il giusto salto di qualità. Lo persi poi di vista ma lo ritrovai successivamente. La mia vita era profondamente cambiata ma lui era sempre quel Paolo, il simpatico e guascone che avevo conosciuto, ancora munito, della sua flemma autorevole che ne contraddistingueva la personalità nonostante fosse estremamente incisivo e rapido, all'occorrenza.
L'ho incontrato all'inaugurazione di Euroflora quest'anno a Genova e ci siamo parlati a lungo ripromettendoci di radunare coloro che avevano fatto parte, a vari livelli, dell'organizzazione dell'Expò o che di essa ne avevano seguito i passaggi.Il tempo, tiranno, per ora non ci ha permesso di fare nulla.

Ho saputo e visto delle sue ospitate nel salotto scomodo di Chiambretti e di Barbareschi (a presentare la squadra di calcio gay di cui è promotore) e recentemente, nel pomeriggio della Rai.

Detto questo, cadono le braccia. 
In uno stato in cui si parla di diritti soggettivi, interessi legittimi e diffusi, ecc.ecc, si va a finire sempre e comunque nel becero perché il perbenismo è una bella facciata a cui si unisce  un qualunquismo di ordinanza e di maniera. Ho letto anche alcuni commenti postati nel suo profilo di face, che mi hanno fatto capire quanto gli stereotipi vincano, sempre e comunque.
Come andrà la vicenda? Resterà un punto interrogativo, ancora una volta.

C'è una resistenza psicologica fortissima a valutare i cambiamenti e di conseguenza, le possibili relativizzazioni delle cose fanno più paura, della stessa posizione omofoba, uno degli aspetti del pensiero che scaturisce da “consolidate valutazioni di fatto” che sono comunque discutibili.

E' questo zoccolo duro della forma mentis a vanificare l'evoluzione democratica e la possibilità di approcciarsi all'altro senza pregiudizi che siano di razza, cultura, religione, opinione politica, ecc.ecc.
Nella vita quotidiana come nei blog ci sono persone anche di spessore culturale che sono radicate nella convinzione di essere “certamente” dalla parte della ragione assoluta, e che la loro posizione, in quanto giusta, sia l'unica ad avere il diritto di essere espressa, cancellando a vario titolo, qualsiasi possibile e ragionata posizione contraria.
Si tratta di un radicamento che non fa compiere passi avanti e che si cristallizza, come una torre d'avorio, fatto salvo il fatto che poi essa venga distrutta dagli eventi reali vissuti come una maledizione e non come accadimenti che prescindano dalla nostra volontà e che esistano a latere del nostro volere e del nostro agire "picciolamente" quotidiano.

Ma pur di ritornare al luogo sicuro del non “esiste la questione” si nega l'evidenza portando avanti triti ritornelli. Anche il fatto che l'omosessualità sia congenita non è affatto certo in quanto gli elementi che formano la personalità del singolo sono molteplici eppure c'è chi ha liquidato la questione così, incasellandola e cercando di sbarazzarsi "naturalmente" di un qualcosa che infastidisce profondamente per fatti culturali acquisiti e radicati, sin dalla tenera età.

Dovremmo cercare di essere più possibilisti e meno chiusi al pensiero dell'altro, ma non si tratta di muoversi su di un terreno facile e questo, lo ricordo, non solo in tema di omosessualità ma in molteplici settori.

Un piccolo passo avanti credo si potrà fare nel momento in cui non ci saranno più determinate categorizzazioni a scandire la nostra vita. Prima di essere uomo/donna/omosex/trans/asessuati ecc.ecc. si potrebbe dire e percepire :"persone o esseri umani"senza vedere di che sesso, colore della pelle, lingua, religione...si connoti il volto di fronte.
Superare la torre di Babele? Una bella impresa.

Concludo l'argomento appena delineato allegando un link comparso, non a caso, su IlSecoloXIX.it


Verrebbe da dire: il solito “Che l'inse” ma come sempre prevale il “Maniman....”




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